Agricoltura in pianura
Con i suoi 671.281 ettari si superficie quella della pianura è la meno estesa delle zone agricole del Piemonte. Ciò nonostante la gran massa dei cereali, delle foraggere, degli ortaggi, della frutta che il Piemonte produce viene dalla pianura stessa.
Figlia della montagna, la pianura piemontese rispecchia la costituzione dei rilievi soprastanti, e quindi le sue condizioni di fertilità, mentre sono discrete in corrispondenza ai rilievi prevalentemente silicei, lasciano molto a desiderare quando provengono da formazioni ferro.magnesiache.
Cosi, per far un esempio, tra i migliori terreni del Piemonte sono quelli della pianura pinerolese ecc.
Anche qui, però, occorre procedere ad ulteriore distinzione. Nell’ambito dell’alta pianura si possono individuare una zona a policoltura, una zona risicola, in relazioni alle caratteristiche del terreno.
Tenendo presente questo ambiente morfologico e geolitologico, piuttosto vario nei suoi particolari, si capisce perché il paesaggio agrario dell’alta pianura appaia informato ad una piccola coltivazione, fondata principalmente sul frumento e sul mais in campi di modesta estensione, delimitati da filari di gelsi e su cui è frequente la vite, in coltura promiscua. Patate, legumi e piante fruttifere.
Entro la fascia, alquanto discontinua, dei pianalti diluviali che da Cuneo, anzi da Mondovì, a Borgomanero, presentano sostanzialmente il tipo di agricoltura ora delineato, prendendo propri aspetti alcune minori zone, tra le quali merita un cenno il pianolto il Poirino.
Questa area isolata di alta pianura che, per la compattezza dei suoi terreni e per la mancanza di irrigazione, ha un ordinamento colturale fondato quasi esclusivamente sui cereali e sul prato stabile.
Contrariamente ad un opinione ancora diffusa, le terre occupate dalla brughiera e, in generale i ripiani ferrettizzati, non sono da riguardarsi come lande assolutamente inutilizzate, non sono da riguardarsi come lande assolutamente inutilizzate e deserte.
Attraverso una lotta difficile e caparbia, che si appresta a domare le ultime resistenze delle baragge piemontesi, i terreni meno ingrati sono stati ridotti a coltura. Alla magrezza dei pascoli sopperiva l’estensione: qualche prato più o meno florido è stato ricavato lungo i maggiori torrenti.
Il taglio periodico dell’erica forniva una discreta lettiera per bestiame. Dal bosco si potevano trarre legna da ardere e pali per l’impianto delle viti, che facevano buona prova sui margini e sui pendii disboscati dei ripiani. Il sottobosco concorrevano con i suoi frutti spontanei.
Si è cosi venuto creando un tipo di agricoltura asciutto, semiestensivo, con larga parte fatta di allevamento del bestiame e alla coltura dei cereali, e con importanza subordinata data alla vite e ad una primitiva frutticoltura.
Inconsuete possibilità irrigatorie hanno consentito di trasformare profondamente aree marginali, le più basse, della baraggia vercellese e novarese, fra Cervo e Ticino, portandovi la risaia.
Immaginiamo di scendere dall’alta pianura verso la bassa. Il paesaggio è non di rado abbastanza rapido e si manifesta anzitutto con la diminuzione delle piante legnose, ma l’albero che trionfa nella parte “bassa” è il pioppo.
La “bassa” come la chiamano Tout court i contadini della collina, appare effettivamente l’area delle terre a coltura del Piemonte più aperta al progresso agricolo, più docile nel piegarsi a nuove esigenze economiche , a nuovi procedimenti tecnici. Non poca parte ha, in queste attitudini e nelle trasformazioni del paesaggio che ne conseguono, lo sviluppo di una intensa attività industriale.
Legata per esempio alle sorti dell’industria, è la graduale disperazione dalla pianura cuneese di una pianta cosi caratteristica come il gelso, abbattuta con la chiusura delle numerose filande di seta, attive in passato in queste zone.
Cosi pure si deve ad industrie, e più precisamente all’industria della carta, e a quella dei compensati, il rapido incremento della pioppicoltura nella bassa pianura, specialmente nelle province di Cuneo e di Torino.
Aspetti fisionomici a sé stanti presenta la pianura di Alessandria, dove, date le scarse possibilità irrigatorie, la proporzione dell’area a frumento supera considerevolmente quella privata delle altre zone di bassa pianura; dove la barbabietola da zucchero assume una superficie superiore ai 4500 ettari, e quindi un’importanza determinante nel paesaggio; e dove infine è praticata la coltura della vite maritata all’albero.
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