Agricoltura in montagna
Quella che tra le circoscrizioni statistiche si qualifica come zona di montagna in Piemonte, su un area complessiva di 1.099.255 ettari, presenta una superficie agraria forestale di 868.035 ettari, pari al 79% della superficie totale. In effetti solo il 6,6% della superficie produttiva costa di seminativi, e solo lo 0,9% di colture arboree, mentre i prati e i pascoli occupano il 43,7% e i boschi il 31,2%.
E questo poco di suolo agrariamente sfruttabile, ottenuto con tanta fatica, sostenuto con opere murarie a secco che sembrano scalee di giganti, spesso rimpolpato con gerle di letame.
Nelle zone montane interne, o più vicine alla pianura, graniti e porfidi quarziferi, anche là dove hanno subito un’accentuata denudazione, e dove le forme del suolo non sono eccessivamente elevate ed aspre, s’adattano essi pure assai male alle colture.
Più profondi e talvolta discreti sono i terreni derivati dall’alterazione dei porfidi non quarziferi e delle diverse serie di gneiss e di micascisti, che inquadrano essi pure le zone interne della montagna.
Qui le condizioni migliorano quando appaiono i calcescisti, che danno, in genere, terreni soffici, porosi, argillo-sabbiosi, con una apprezzabile aliquota di quel carbonato di calcio che è il grande assente degli elementi chimici dei terreni piemontesi.
Ma più che i coltivi, s’avvantaggiano delle formazioni calce scistose, con la loro caratteristica morfologica morbida, tondeggiante, i prati e pascoli, che ad esempio, nell’alta val Chisone, danno una produzione qualitativamente assai pregiata.
Poca e povera, dunque, nel complesso, limitata dalla particolare ripidità dei pendii, e insediata dalla rapacità delle acque selvagge e dei torrenti è la terra coltivabile della montagna piemontese.
Una delle piante che vengono coltivate nelle zone di montagna sono le patate. Oggi essa è diffusa su un area di circa 8800 ettari e dà un prodotto che può raggiungere, nelle annate più favorevoli, il milione di quintali, la produzione è raccolta nella bassa e media valle Gesso e nella media e alta valle di Susa e dell’altra val Chisone.
Mentre per quando riguarda la frutticoltura, vengono prodotti mele nelle bassi valli del cuneese, il noce, invece, nelle val Varaita, Valsesia.
In questi ultimi anni è aumentata la superficie foraggera, con un aumento delle aziende zootecniche, cosi prati-stabili e pascoli permanenti diventano sempre più il fulcro di economia montana che si fa meglio aderente alle caratteristiche dell’ambiente naturale, e che destinato ad trovare nell’industria zootecnica la più promettente fonte di lavoro e di guadagno.
In campo bovino, abbiamo diverse qualità, per esempio troviamo la razza piemontese a triplice attitudine, e che resiste un po’ dovunque, particolarmente diffusa nelle valli cuneesi, mentre più a nord, nelle valli pinerolesi e torinesi , troviamo predominate la razza tarina, mentre in provincia di Alessandria le preferenze vanno alla biondo tortonese, con altitudine al lavoro e limitate possibilità lattifere.
Fra le razze di ovini prevalgono la pecora della Langa, che ha spiccata attitudine alla produzione di latte, ed è diffusa in provincia di Cuneo insieme alla frabosana. Nelle altre province è più diffusa la biellese, rinomata per l’alta produzione della lana.
Per quando riguarda l’industria casearia, i tipi più apprezzati sono la fontina della valle d’Aosta, il formaggio sul tipo della fontina delle valli Formazza ed Antigorio; il Reblochon del Moncenisio, la toma grassa delle valli di Lanzo, le robiole e le tome delle valli del cuneese e del Canavesano.
Mentre il latte ovini e dei caprini viene in gran parte trasformato in prodotti caseari, tra cui la robiola di latte di pecora della razza delle Langhe e il formaggio pecorino che, da alcune vallate viene anche esportato in altre province.
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