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Cittā storiche del Piemonte

Le cittā storiche del vecchio Piemonte

Quasi sicuramente Biella ha preso il posto di un antichissimo centro agricolo-minerario, chiamato Victimulum o Ictimula.
La parte più vecchia si è evoluta in piano, Borgo Vernato, tra la Collina e il Cervo. Nel Medio Evo, come spesso è avvenuto, il centro della vita cittadina si è rimosso verso l’alto, sulla collina ora ricordata, formando il Piazzo, nucleo allungato in cima alla dorsale.

Lo sviluppo delle comunicazioni e delle industrie ha nuovamente fatto rifluire a Biella-Piano le più forti attività urbane, e particolarmente il mondo degli affari. Perché Biella si è faticosamente conquistata, lottando soprattutto contro Andorno e contro il Vescovo di Vercelli, e in seguito concentrando via via buona parte delle attività commerciali connesse allo sviluppo dell’industria laniera del suo “retroterra”, una singolare posizione economico-finanziaria che non ha riscontro in altre città del Piemonte, e forse d’Italia.

In questa lenta, ma continua ascesa, la città è stata favorita dal trovarsi al centro di un ampio semicerchio di monti e di colline, e quindi di valli convergenti, al contatto con l’ampia pianura antistante.
Qui, per lungo tempo, Biella-Piano è rimasta confinata tra lo sperone collinoso del piazzo e l’imbocco della valle del Cervo.
Dopo la prima guerra mondiale, Biella-Piano cominciò ad ingrandirsi nell’unico verso ora consentito dalla strettoia fra collina e fiume, e cioè in direzione di sudest, al di là della stazione Santhià-Biella, lungo la strada per Torino.

Poco sotto la confluenza del Cervo con la Sesia, in aperta pianura, là dove le strade scendenti dal Biellese e dalla Valsesia si innestano sulla grande arteria che trascinava alle Gallie e da Pavia a Milano, è nata Vercelli.
Vercelli fu sede di ducato longobardo, di contea carolingia, città fiorente sotto i vescovi e poi potentissimo comune. Perdette l’indipendenza nel 1335, entrando a far parte del dominio visconteo, cui appartenne fino al 1428, quando fu ceduta ad Amedeo VIII duca di Savoia. Città di confine dello stato Sabauto, ebbe a soffrire assedi e rimase per qualche tempo sotto i spagnoli ed i francesi.
Nella seconda metà del secolo XV e del XVI Vercelli fu il centro intellettuale più vivace del Piemonte. Già sede della più antica università piemontese, si distinse anche nella pittura e nella tipografia.

Nella configurazione attuale della città non si hanno tracce chiare della più antica topografia, la romana, ma ben distinto appare il nucleo medievale della città, che ha preso forma tipicamente pentagonale, grazie alle potenti opere di fortificazioni innalzate a più riprese, e che furono demolite dai francesi nel 1704.

Questa parte vecchia della città rappresenta tuttora il cuore della sua vita economica ed amministrativa, cuore che s’alimenta non poco della funzione di Vercelli quale capoluogo di provincia, e che pulsa energicamente in piazza Cavour, con le vecchie ed strette vie che da quella s’irradiano a ragnatela.
Tra i monumenti degni di nota, citiamo, la grandiosa Basilica di Sant’Andrea, chiesa unica in Italia per lo stile di transizione da quello lombardo all’ogivale della Francia del nord.
La Vercelli moderna ha cominciato a formarsi con l’estendersi dell’area fabbricata al di là dei bastioni, e sono migliorate anche le linee di collegamento con Torino e Milano.

Anche la bella capitale del Canavese, Ivrea, si appoggia, come Biella, ad uno spuntone collinoso e sale ad incappucciarne la cima, ma dietro di sé, invece di un muro di montagne, ha lo spazioso ingresso della val d’Aosta.

Ivrea ha una fondazione preromana, nel medio evo, la vera grande età di Ivrea, già sede di Ducato Longobardo e di contea Franca, è quella in cui Arduino Marchese è anche Re d’Italia. Poi alla potenza marchionale subentra quella vescovile e quindi quella comunale, rafforzata dall’adesione dei Conti del Canavese. Il nobile consortile non valse a salvare Ivrea, prima, dalla dominazione dei Biandrate, e poi da quella dei marchesi del Monferrato, che durò con alterne vicende fin al 1313, anno in cui la città di Ivrea si diede ai Savoia nella persona di Amedeo V.

La città si ebbe uno aumento lento, ma un buon balzo in avanti fu fatto nel secolo scorso, quando la città prese ad estendersi con dei bei palazzi lungo la Dora, e poi al di qua della Dora Baltea, lungo la strada per Torino, grazie all’eccezionale sviluppo industriali, sia quello tessile e meccanica e in special modo dalla Olivetti.
Durante la vostra visita potrete apprezzare particolarmente i dintorni della città, specie nella zona dioritica ricca di laghi, boscosa, con bei vigneti, costellata di case e di ville.

Un altro tipico centro urbano della montagna piemontese è Susa, raggomitolata nel grembo della sua verde comba, quasi mimetizzata con i roccioni circostanti. Come Aosta, anche Susa deve il suo rilievo storico alla posizione geografica, che ne fa la naturale custode del Montecenisio, là dove la strada del Moncenisio si riunisce a quella che scende dal Monginevro.

La città si Susa è posta alla confluenza di due corsi d’acqua, la Cenischia e la Dora Riparia, va fiera delle monumentali tracce della sua romanità. Capitale del piccolo regno di Donno e di Cozio, Segusio ebbe da Augusto fori, teatro ecc. Dopo la caduta dell’impero romano subì travagliate vicende. Città confinaria della marca di Torino, passò ai Savoia nel 1047 e questo le valse d’essere incendiata dal Barbarossa, durante una delle sue calate in Italia, e più tardi d’essere circondata da una corona di fortificazione.

L’abitato rimase fino ai secoli XII e XIII entro la cerchia muraria romana; poi, oltre l’antica cinta, si formo verso sudest il Borgo dei Nobili. Solo in tempi più recenti, la massa delle costruzioni valicò il fiume.
All’interno della città si può ammirare il castello adelaidino, il celebre arco di augusto. Oltrepassato l’arco, s’incontrano avanzi della cita e di edifici romani ancora in via di escavazione.

Nell’ampia, industriosa val Chisone non sorgono centri urbani, ma ad essa deve gran parte della sua storia e del suo sviluppo Pinerolo, formatasi nel primo medio evo ai piedi e sulle pendici del promontorio collinoso di San Maurizio, presso la confluenza del Limina col Chisone. Una ricca, ben irrigata porzione di pianura, un sistema di valli che avviava sul posto genti e prodotti nelle molti fiere.
Sentinella alle porte d’Italia, Pinerolo non conserva molte costruzioni del passato. Le più importanti di esse si trovano sulle pendici della collina di san Maurizio, fra le vie tortuose della città vecchia, e sono: la bella, quattrocentesca casa del senato e il trecentesco palazzo degli Acaia.

Nel retroterra di Pinerolo abbiamo un economia varia, che spazia dall’agricoltura e alle foreste, fino alle miniere e alle industrie.
Pinerolo è caratterizzato da un antica tradizione manifatturiera, dalla ricchezza d’acqua, da una estesa rete di comunicazioni, e specialmente dalla vicinanza di Torino, dove la città trae incentivi per un crescente sviluppo industriale che si indirizza nei rami più diversi, dal tessile all’alimentare (panettoni e liquori), al chimico (farmaceutici), al meccanico al cartaio.

Riservando alcuni cenni su Saluzzo a quando si dirà dei centri dei marchesati, passiamo d’un balzo ad un’altra nobile città subalpina: Cuneo che sporge sulla bassa pianura, alla confluenza della Stura e del Gesso, e della città che vi si stende, sporgendosi sui ghiaieti dei due fiumi, come dalla terrazza di prua d’un grande atlantico.

La fondazione della città, avvenuta verso il 1198, coincide ad un periodo in cui lo sviluppo dei traffici e dei rapporti politici fra l’Italia e la Francia meridionale attraverso il Piemonte dava particolare importanza al possesso del colle Tenda ed al passo dell’Argentera. Da allora il destino di Cuneo fu intimamente connesso alle lotte fra i Comuni, le signorie e gli stati che miravano ad assicurarsi le vie d’accesso a quei valichi.

Dopo una serie di invasioni e occupazioni, alla fine andò sotto i Savoia, i limiti della città non mutano fino alla fine del settecento.
La città è stretta tra i due stupendi terrazzi, i Belvederi di corso Gesso e di corso Stura e delle loro continuazioni, Cuneo non poteva continuare ad estendersi che verso sud, e cioè verso l’unico lato aperto sul pianalto, in direzione di borgo San Dalmazzo.

Tra le due guerre furono aperti nuovi corsi e viali cittadini: s’innalzarono grossi palazzi e di attrezzature sportive. Dopo la seconda guerra mondiale c’è stata una vera e propria febbre edilizia, dovuta anche ad un aumento di popolazione, ha portato la città ad estendersi ulteriormente verso sud, con modernissime case, lungo le linee ortogonali di una regolare scacchiera.
Oggi la città non offre grandi bellezze monumentali di’alto pregio, ma nei suoi negozi, c’è sempre qualche buon acquisto da fare sulla via del ritorno. E lungo i suoi viali periferici una anche breve passeggiata può offrire incancellabili visioni di cerchie montane, di pianure e di colline a perdita d’occhio.

Contemporaneamente o quasi, a Cuneo, nasceva dal concorso di gente delle vicine campagne la città di Mondovì. Nasceva, o più precisamente, risorgeva in essa, con altro nome, un centro precedente, chiamato Bredulo, diventato nell’alto medioevo centro di un omonimo Comitato franco, poi assorbito, mantenendo il nome Breo, nella nuova città. la quale si modellò sulla sommità di un promontorio collinoso fra il torrente Bianco e l’Ellero, su cui scende col fianco occidentale.

Il nuovo agglomerato urbano Mondovì Piazza o Piazza semplicemente, risultò dall’aggregazione di tre terzieri intorno a una lieve depressione centrale, che è la piazza principale.
Nel secolo XIV mentre aumentavano gli abitanti i nuclei già esistenti tra i piedi della collina e l’Ellero, se ne creò un altro in basso, all’estrema punta del molo collinoso, col nome di Carassone. Entro questi confini Mondovì, diventata fiorente Comune, lottò con diverse città, alla fine nel 1418 fu acquisita da casa Savoia nel 1418.

Nei secoli XV e XVI, lo sviluppo dell’irrigazione in pianura, portò alla nascita di molte industrie, conciarie e di carta, ma soprattutto l’essere diventata Mondovì, per la sua posizione geografica, punto chiave delle comunicazioni e dei valichi fra il Ducato di Sabaudo e la Liguria, che portò ad un aumento demografico.

Questo incremento demografico, pur determinando un infittirsi di abitazioni, non alterò sostanzialmente la struttura urbanistica di Mondovì Piazza. Spinse, invece, ad estendersi e ad avvicinarsi i nuclei del piano, portando il Breo ad assumere grosso modo la configurazione attuale.

Nel secolo XIX Mondovì ha perso ogni importanza strategica, ma conserva una notevole importanza commerciale, come centro intermediario nelle relazioni tre Piemonte e Liguria occidentale.
Tra la prima e la seconda guerra mondiale si ebbe un periodo di discreta espansione, con la formazione di due nuovi nuclei oltre Ellero.

Più modesti di quelli di Mondovì furono gli inizi di Fossano, fondata nel 1236 per opera di una lega Guelfa costituitasi ai danni d’Asti, signora di Romanisio, i cui abitanti fecero appunto il primo nucleo della città. Questa lottò contro Asti e contro gli Angiolini. Si diede poi ai Marchesi di Saluzzo, dai quali nel 1314 fu ceduta ai Savoia. Per la quale Fossano era assai importante come nodo sulla grande strada che allora portava, attraverso le valli della stura e della Vermenagna, a Nizza Marittima e alla rada di VillaFranca, che del ducato Sabauto erano i porti.

La città di Fossano si erge su di un breve rialzo del terreno, lungo il margine di un pianalto, rimasto isolato per incisione della Stura di Demonte. Sul pianalto troneggia la rossa mole del castello dei principi d’Acaia, severo ed elegante, a pianta quadrangolare, con quattro torri angolari. L’arteria principale, via Roma, fiancheggiata da vecchi portici e da alcuni palazzi di bella linea, conduce alla piazza Umberto I, cuore anche architettonico di Fossano, per la bellissima chiesa della Trinità.

Il centro di Fossano è importante più che come centro industriale, come centro commerciale, già rilevante in passato, ma ancora ingranditasi da che Fossano è divenuta centro ferroviario, effettuando visi la biforcazione della Fossano-Ceva-Savona e quella per Cuneo, due linee molto attive.

Il versante meridionale della collina di Torino con le sue propaggini rappresenta un semicerchio di amene alture, che economicamente da capo a Chieri.
Nel medioevo appartenne ai vescovi di Torino, poi fu potente Comune frequentemente alleato con asti contro Torino, che le contrastava il redditizio pedaggio di Montosolo (Pino Torinese). Nonostante le continue lotte ebbe nei secoli XIV e XV periodi di grande prosperità: dal 1339 cadde sotto il dominio angioino; nel 1347 passò sotto quello degli Acaia, e nel 1418 venne a far parte dei domini sabaudi. La prosperità cui ora si accennava derivò da due fonti principali di reddito: il movimento commerciale , creato dal trovarsi a Chieri sull’importantissima arteria del traffico transalpino che da Asti metteva al Moncenisio e al Monginevro, passando per il Pino; e lo sviluppo di un industria tessile specializzata nel cotone per la fabbricazione particolarmente del Frustagno.

Successivamente, l’importanza commerciale di Chieri decadde, o meglio, si restrinse. Ma l’attività industriale tessile, in gran parte di carattere artigiano resse alle più fortunose vicende, e dura tuttora accanto ad altri rami di manifatture. Chieri ciò nonostante un centro ad economia prevalentemente rurale.

L’agglomerato urbano si è formato alla estremità di uno dei costoloni con cui la collina di Torino si protende verso la pianura che da Chieri prende il nome. La via Vittotio Emanuele II, che contorna la base del modesto poggio terminale, divide la città in due parti.
Nella parte superiore spicca una conformazione tipicamente medievale, con strade strette e tortuose, con abitazioni signorili e torri, mentre nella parte bassa, fervida di affari e di traffici, si trovano i monumenti che danno lustro artistico alla città di Chieri: la bella e ampia cattedrale di forme lombardo-ogivali, il grazioso Battistero, le chiese di San Bernardino e di san Giorgio, l’elegante arco trionfale, la chiesa di san Filippo Neri, con facciata del Guarini-
Oggi Chieri è un centro satellite nella costellazione della metropoli di Torino, con importanti per le comunicazioni automobilistiche.
 




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